Il consenso informato

Il consenso informato

La legittimità del trattamento medico dipende dal consenso informato del paziente. Tale principio di carattere generale – ormai pacifico – intende superare la visione tradizionale del ruolo del medico, in base alla quale la attività medica  sarebbe sindacabile solo sotto il profilo della conformità  alle regole della scienza.

Occorre porre al centro del rapporto tra medico e paziente i diritti  fondamentali della persona umana, garantiti dalla Costituzione, primi  fra tutti il diritto alla salute (art. 32 della Costituzione) e la inviolabilità della libertà personale (art.13 della Costituzione).

In assenza, pertanto, del consenso informato il medico ha l’obbligo di astenersi da qualsiasi  intervento terapeutico. L’unica eccezione è costituita dai trattamenti sanitari obbligatori (art. 32 secondo comma della Costituzione), che, in casi tassativamente previsti dalla legge, si rendono necessari per tutelare la collettività dalla pericolosità di alcune malattie.

L’opinione prevalente ritiene che il dissenso del paziente debba essere rispettato anche se vi sia un rischio per la vita dello stesso. E’ il caso, ad esempio, del rifiuto delle emotrasfusioni da parte dei testimoni di Geova (purché  maggiorenni).

Naturalmente il principio del consenso informato del paziente vale allorché questi sia in grado di esprimere un consenso. Con riferimento ai minori e agli interdetti, legittimati a prestare il consenso sono i rappresentanti legali (genitori e tutore). Nel caso di contrasto tra i legali rappresentanti (ad esempio tra i genitori) ovvero di rifiuto ingiustificato del consenso, il medico deve segnalare  il caso all’autorità giudiziaria affinché adotti i provvedimenti più opportuni nell’interesse del minore.

Se il malato sia solo temporaneamente non in condizione di esprimere un consenso (perché, ad esempio, in coma o comunque in stato di incoscienza) l’attività medica si presenta come doverosa se è necessaria per tutelare la salute del soggetto e non può essere differita.

Quali sono i requisiti del consenso informato? In altri termini qual è il grado di informazione che si può ragionevolmente pretendere da un medico? Non possono in questo ambito valere regole generali, ma occorre tenere presente che spesso i pazienti differiscono notevolmente l’uno dall’altro sia con riferimento al livello culturale sia con riferimento alla capacità di affrontare la sofferenza. Il medico, pertanto, dovrà rendere edotto il paziente di quanto si presenta come necessario affinché questi possa comprendere, in base alla sua preparazione culturale, la situazione in cui versa e decidere in modo consapevole, avendo presente le probabilità di guarigione, i rischi della terapia, le possibili terapie alternative, la invasività del trattamento proposto e il presumibile grado di sofferenza conseguente.

Appare ragionevole ritenere che il grado di informazione dipenda anche dai rischi e dalla  invasività  dell’intervento. Quanto più sono rilevanti i beni coinvolti, tanto più si imporrà una informazione completa.

Il dovere di informazione ha, tuttavia, dei limiti. Del resto una informazione del tutto esaustiva  in merito a tutti i profili  scientifici risulta nella maggior parte dei casi impossibile, presupponendo nel paziente una competenza medica di cui solo lo specialista è in possesso.

Ovviamente la informazione, oltre che adeguata, deve essere veritiera. Devono essere prospettate al paziente la prognosi e la diagnosi, anche riferendosi – ove disponibili – alle statistiche relative alla possibilità di successo della terapia. In questo ambito deve essere prestata attenzione anche alla emotività del soggetto per evitare che la esatta conoscenza del quadro clinico possa ripercuotersi negativamente sulla salute. Se è vero, infatti, che il medico deve informare il paziente, è anche vero che incombe parimenti sullo stesso il fondamentale dovere di tutelare la salute. Nei casi concreti i due principi possono venire in collisione, imponendo scelte non facili e controverse. Come si esprime il codice deontologico, il medico deve agire con la dovuta “circospezione“ e “senza mai escludere elementi di speranza“.

Nella prassi vengono sottoposti al paziente dei moduli prestampati da sottoscrivere. Occorre, tuttavia, evitare che tale pratica si risolva in una mera formalità burocratica e in un comodo espediente per eludere l’obbligo di informazione e sottrarsi al dialogo con il paziente.

Il consenso è in ogni momento  revocabile dal paziente e il medico è tenuto a prenderne atto.

Quali sono le conseguenze per il medico di un intervento posto in essere in assenza del consenso informato? In questo caso la condotta del medico non ha solo rilievo deontologico, ma comporta sanzioni penali per il reato di lesioni personali.

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Fabio Strazzeri editor

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